I Edizione anno 1976

 II Edizione anno 1998

 

INTRODUZIONE

 della II Edizione

 

In questo libro Silvio Villa racconta in modo ef­ficace la sua esperienza di militare internato. Attraverso il filtro della memoria individuale egli rievoca la vicenda dei prigionieri di guerra italiani, cioè di una parte dell'esercito italiano, allo sbando dopo l'8 settembre 1943, catturato e spedito in Germania nei campi di lavoro coatto.

L'autore descrive proprio l'odissea della cat­tura, le condizioni materiali al limite della di­sperazione e le umiliazioni a cui erano sotto­posti i nostri internati in Germania. La testimonianza su quell'esperienza personale viene inserita in un contesto generale che vede coinvolta una generazione di soldati italiani buttati nella guerra fascista.

Oltre 600 mila furono i soldati italiani internati in Germania, una massa enorme, un esercito sterminato.

Un esercito che subì un trattamento che non ha nulla a che fare con quello che di solito si riserva ai prigionieri militari in tempo di guerra, ma che non va neanche confuso con la vicenda generale dei campi di concentramento in cui il nazismo distrusse i suoi nemici. In proposito Alessandro Natta nel suo libro "L'altra Resistenza", che è una riflessione testimonianza proprio sui militari italiani internati in Germania, scrive:

"La prigionia si configurò per la sua origine e per il carattere che assunse nella valutazione, sostanzialmente concorde, degli italiani che la subirono e dei tedeschi che la inflissero, come un episodio di lotta politica ben più che come un puro fatto militare. Nella stessa definizione che i tedeschi usarono per gli italiani - internati militari - si può del resto cogliere un barlume di verità: l'internato militare era nel giudizio dei tedeschi, ancor prima dell'esistenza della repubblica di Salò, una figura nuova, una via di mezzo tra il prigioniero di guerra e il perseguitato politico, e nei suoi confronti si stabilì una misura intermedia fra il trattamento riservato ai primi e quello di cui furono vittime i secondi.

 

Nella terribile gerarchia della persecuzione gli internati vennero collocati a un particolare gradino: dopo gli ebrei, i politici dei campi di punizione, i prigionieri senza una potenza protettrice, quali i sovietici e i polacchi, ecco gli italiani che avevano avuto la sorte di essere "tutelati" dalla Repubblica sociale!

La non collaborazione, la resistenza di fronte alle lusinghe e alle minacce, il rifiuto del lavoro, il sabotaggio, furono le armi che le circostanze consentivano di usare agli internati italiani e che essi usarono sempre più decisamente via via che, attraverso un processo laborioso, le ragioni della lotta si facevano più chiare e venivano in gran parte a coincidere con i motivi che determinavano in Italia, nello stesso periodo di tempo, il movimento popolare di liberazione. Come la lotta di Liberazione, la resistenza nei lager significò una faticosa conquista dell'unità, sotto il profilo politico e nazionale, della decisione, del coraggio di battersi, e non solo per piccoli gruppi. E come nella lotta di Liberazione, tale conquista si realizzò attraverso il dibattito e il contrasto, l'azione costante contro la rassegnazione e la fiacchezza dell'attendismo, le paure, le viltà, i tradimenti. Al termine della dolorosa vicenda in molti italiani vi fu la consapevolezza di aver fatto il proprio dovere, di essere riusciti a mutare la prigionia, cui del resto la guerra moderna aveva già tolto gran parte di quel senso di colpa e di vergogna che un tempo colpiva il soldato che gettava lo scudo, in una nobile battaglia, in un contributo per la salvezza del Paese".

Alla fine di questa introduzione vogliamo ricordare che il libro non è inedito, ma è uscito la prima volta nel 1976, nel periodo in cui è stato scritto.

A molti anni di distanza si è ritenuto utile ripubblicare quel testo che non ha perso di freschezza e di incisività. Vogliamo farlo con una ristampa più accurata e arricchita di testi poetici classici della Resistenza. A chi si rivolge il libro?

Ai giovani di ieri che hanno conosciuto direttamente il volto odioso del nazismo. Ai giovani di oggi che devono conoscere u n'altra pagina dolorosa della nostra storia.

 

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