Cassano d'Adda, 26 gennaio 1919

Superga, 4 maggio 1949

 

 

 

Nasce a Cassano d'Adda in una modesta dimora nella zona adiacente al Castello Visconteo "ruscètt", un agglomerato di case vecchie e malandate, con scale di legno pericolanti, il rione più povero del paese,  da un'umile famiglia; il padre Alessandro, operaio dell'A.T.M.,  la madre, Leonina Ratti, quattro figli ed una situazione economica molto difficile.

In quegli anni, come ogni bambino della sua età, era cresciuto all'aria aperta, nei vicoli stretti del ruscèt, in piazza, sulla Muzza, sull'Adda. Con gli zoccoli ai piedi, come del resto la maggior parte dei bambini appartenenti alle famiglie povere di Cassano, prendeva a calci tutto ciò che gli capitava sotto tiro, in modo particolare le scatole di latta (tola) delle conserve; il soprannome di  "tulen", che l'ha sempre accompagnato per il resto della sua vita, gli venne dato dagli amici per via di una scatola di latta (tola, e quindi tulen) che prendeva a calci, in sostituzione del pallone, durante il tragitto dalla casa "dal ruscèt" fino al posto di lavoro del Linificio ed anche durante il ritorno; quando sentivano il rumore dato dal rotolare della latta, tutti dicevano "al riva 'l tulen"

Giocava al pallone dove capitava, in piazza, nei vicoli ristretti del ruscèt e all'oratorio.

Per aiutare la famiglia, ha Lasciato la scuola a undici anni per diventare garzone di un fornaio ed a quattordici è entrato nel Linificio di Cassano nel reparto corderia.

Durante un'estate salva la vita ad un ragazzo, gettandosi nel fiume Adda dove il ragazzo è in procinto di annegare per aver battuto con violenza la testa contro una grossa pietra. Questo ragazzo, Andrea Bonomi, per ironia della sorte, sarà poi il futuro capitano della squadra di calcio del Milan dove militerà dal 1942 al 1951.

Emergeva in tutte le discipline sportive da lui praticate, nel nuoto, tanto da interessare dirigenti nazionali, con la bicicletta, ma soprattutto con il pallone. Chi avrebbe mai immaginato che questo ragazzo sarebbe poi diventato il grande campione osannato da tutte le folle.

La sua vita calcistica inizia nella squadra del suo paese il Gruppo Sportivo Tresoldi dove militerà dal 1936 al 1938.

Nel 1938 viene assunto dall'Alfa Romeo e qui viene scoperto da Mario Magnozzi ex giocatore della Nazionale Italiana (29 presenze), del Milan, Livorno, Lecce e Catania, il quale lo fa subito giocare nella squadra del Dopolavoro dell'Alfa Romeo militante nel campionato di serie C e qui vi resterà fino al 1939 allorché viene chiamato alle armi nella marina.

Il marinaio Valentino Mazzola viene destinato alla capitaneria di Porto di Venezia; dopo aver passato qualche mese sulla nave, viene assegnato alla compagnia del porto dove prende parte alle gare della squadra del Comando della Marina di Venezia dove ha la possibilità di mettersi in evidenza. Dopo parecchie insistenze, finalmente viene provato dall'allenatore del Venezia Girani. Questo è l'inizio della sua fortuna calcistica. Girani, impressionato dal gioco di Valentino, lo farà debuttare nel Venezia nel massimo campionato nazionale. Infatti il 31 marzo 1940, Valentino Mazzola debutta a Roma contro la Lazio in questa formazione:

Bacigalupo, Signoretto, Gattaronchieri, Famea, Puppo, Tortora, Aliberti, Lombardi, Mazzola, Corbelli, Busidani.

Al Venezia resterà fino al 1942.

L'anno 1942 coincide anche con la prima chiamata nella Nazionale Italiana, infatti l'allora allenatore  Vittorio Pozzi, lo convoca e lo fa debuttare il 5 aprile 1942 a Genova contro la rappresentativa Croata nella seguente formazione:

Griffanti, Foni, Rava, Campatelli, Andreolo, Grezar, Biavati, Loik, Gabetto, Mazzola, Ferraris II.

Ma il primo gol di Valentino in nazionale avverrà due domeniche dopo e precisamente il 12 aprile 1942 nella partita Italia - Spagna a S. Siro, terminata 4-0. Infatti sarà giusto il Tulen ad aprire le marcature.

Il 31 maggio 1942 il presidente del Torino, Ferruccio Novo, acquista per l'importante somma di Lire 1.200.000 i due gioielli del Venezia, Valentino Mazzola e Ezio Loik. È iniziata così la grande avventura che vedrà il campionissimo di Cassano entrare nella cronaca  sportiva prima e nella leggenda poi.

Erano le ore 17.05 del 3 maggio 1949. Torino era sotto un cielo pesante, scuro, pioveva e sotto la pioggia una nebbia strana e fitta nascondeva la città. Da un quarto d'ora il trimotore FIAT G 212 denominato I-ELCE, l'aereo che riportava a casa da Lisbona i giocatori del Torino accompagnati dai loro dirigenti e dai giornalisti, trentun persone in tutto a bordo compresi i membri dell'equipaggio. Collegato via radio con la stazione del Pino, unica indicazione di cui poteva valersi, il pilota dell'I-ELCE cercava di mettersi in condizione di atterrare evitando le colline. Alle 17.02 chiede che gli venga trasmesso il bollettino metereologico dell'aeroporto. Pronta la risposta:"Nebulosità intensa, raffiche di pioggia, visibilità scarsa, nubi 500 metri". Un minuto dopo, alle 17.03, dall'aereo comunicano di aver ricevuto il messaggio, di stare bene, ringraziano e salutano.

Il G 212 si immerge in una gran nube che sovrasta le colline torinesi: Il pilota non si accorge di volare dritto contro la scarpata della Basilica di Superga. Trascorrono pochi istanti ed è un orribile schianto.

Nell'immane urto l'aereo esplode come una bomba. Ai primi soccorritori si presenta uno scenario orripilante. Il bilancio è terribile. Non è mai accaduto che un'intera squadra perisse in quel modo: giocatori, dirigenti, giornalisti, membri dell'equipaggio non c'erano più.

Il Toro non c'era più. Pareva non fosse ancora spento il rombo dell'I-ELCE precipitato che già  correva come un fulmine per tutte le strade, in tutte le case di Torino, la notizia della tremenda sciagura. I visi increduli della gente si guardavano e voltavano lo sguardo doloroso verso la collina nascosta tra le nuvole basse. La città di Torino, tutta l'Italia unanime, stava piangendo.

"erano come soldati che tornano all'accampamento, i giovanotti del Torino che erano stati a battersi sul campo di Lisbona" scrive Vittorio Pozzo su Stampa Sera. "Si erano battuti con impegno sul terreno sconosciuto, alcuni di loro superando il malessere suscitato dal clima diverso e dalla rapidità di trasferimento; e avevano perduto con onore, come soldati che hanno fatto il loro dovere, anche se la fortuna non li ha premiati. Avevano tenuto alto il nome della Patria alla folla forestiera; avevano mostrato a gente che per anni ha conosciuto di noi solo le cose più tristi, che per anni ci ha immaginato avviliti, prostrati, umiliati, un fresco sorriso di giovani, un alacre impegno a far bene. Si erano presentati come eletti ad esempio della nuova generazione, che riprende con coraggio la sua vita dal fondo ove, non per colpa sua, si è ritrovata dopo la guerra".

 

Giocatori:

Valerio Bacigalupo, Aldo Ballarin, Dino Ballarin, Emilio Bongiorni, Eusebio Castigliano, Rubens Fadini, Guglielmo Gabetto, Ruggero Grava, Giuseppe Grezar, Ezio Loik, Virgilio Maroso, Danilo Martelli, Valentino Mazzola, Romeo Menti, Pietro Operto, Franco Ossola, Mario Rigamonti, Julius Schubert.

 

Tecnici:

Ernest Egri Erbstein, Leslie Lievesley, Ottavio Cortina.

 

Dirigenti:

Rinaldo Agnisetta, Ippolito Civalleri, Andrea Bonaiuti.

 

Giornalisti:

Renato Casalbore, Luigi Cavallero, Renato Tosatti.

 

Equipaggio:

Pier Luigi Meroni, Cesare Biancardi, Antonio Pangrazzi, Celeste d'Inca.

 

Gli atleti scomparsi, allineati vicino ai tecnici, ai dirigenti, ai giornalisti, ai componenti l'equipaggio dell'aereo, ricevono sepoltura tra i fiori, salutati da lutti dell'Italia tutta. Fuori da Palazzo Madama, di fronte alle bare allineate, in un profondo silenzio Ottorino Barassi scandisce per l'ultima volta i nomi dei giocatori. Alzando il trofeo del quinto scudetto1, il presidente della Federcalcio si rivolge per tutti a Mazzola:

"Capitan Valentino" dice con la voce tremante "questa è la tua Coppa, una grande Coppa, la coppa del Torino. Guarda com'è grande, è grande come il mondo, contiene il cuore di tutto il mondo, e pare Vi dica che Dio Vi benedice".

 

(tratto dal libro: "Un uomo, un giocatore, un mito - Valentino Mazzola" di Renato Tavella)

Del grande Torino si salvarono perché per motivi diversi non partirono per Lisbona:

Renato Gandolfi, portiere;

Sauro Tomà, terzino, era infortunato;

Ferruccio Novo, presidente del Torino, perché influenzato;

Nicolò Carosio, radiocronista, problemi familiari.

 

Valentino Mazzola si sposò due volte. Con la prima moglie ebbe due figli, Sandro e Valentino.

Sandro sarebbe divenuto poi un grande giocatore dell'Inter.

Ferruccio, il cui nome gli venne dato in onore al presidente del Torino Ferruccio Novo,  se pur con grandi doti calcistiche, non raggiunse l'apice della carriera come i suoi illustri parenti. 

 

 

Valentino Mazzola con il figlio Sandro, in un'immagine del 1949

da: wikipedia.org

 

 

 

Frasi celebri:

da: http://calciofreestyle.forumcommunity.net/?t=5244482


Di Mazzola:


"Potete vincere sempre nel calcio, l'importante è che non siate ostili ai cambiamenti".


"Il calcio rimarrà sempre uno sport per undici persone".


Su Mazzola:


 "Lui da solo è la metà della squadra. L'altra metà è formata da me e da tutti gli altri giocatori" (il difensore Mario Rigamonti).

"Così deve giocare una mezza punta e agire un capitano" Ferreira, capitano del Portogallo la cui partita d'addio fu l'ultima del Grande Torino.

"Non si deve preoccupare l'Italia per il futuro: in questi due ragazzi che hanno aiutato a 'matare' la mia Spagna vedo gli eredi di Piola e di Meazza" Ricardo Zamora, dopo Italia-Spagna, su Mazzola ed il compagno di reparto Loik

Josè Altafini, campione mondiale nel 1958 e forte centravanti di Milan e Juventus, venne soprannominato "Mazola" in Brasile a causa della sua somiglianza con il campione italiano. Sulla parete dello stadio Antartico, metá anni 50, campeggiava una gigantografia del capitano granata e Altafini, d'origine e aspetto veneto, fu chiamato così: in Italia, visto che giocavano i due figli di Valentino, si ripiegò sul cognome originale, ma non appena metteva piede in Brasile era salutato come "Alè Mazola".

 

 

La scheda di Valentino Mazzola

 

 

 

Nome Valentino Mazzola
Nato a: Cassano d'Adda (MI)
il: 26 gennaio 1919
Morto a Superga (TO) 4 maggio 1949
Professione: Calciatore
Ruolo: Attaccante
   

Carriera calcistica

1933-1936 Giovanili: G.S.  Tresoldi - Cassano d'Adda
1938-1939 Alfa Romeo Milano (serie C)
1939-1942 Venezia (serie A) con 12 reti
1942-1949 Torino (serie A) con 109 reti
Presenze nella Nazionale 12 con 4 reti
   
Trofei vinti  
   
2 Coppa Italia 1941 con il Venezia

1943 con il Torino

5 Campionati 1942-43 e dal 1945 al 1949 con il Torino 
vincitore classifica marcatori serie A  1946-47  con con il Torino 29 reti 

1 il campionato non era ancora finito, ma la Federcalcio decide di assegnare d'ufficio il titolo alla squadra granata.